venerdì 26 giugno 2015

               RENZI, IL P. D. E LE SABBIE MOBILI DELLA QUESTIONE MORALE

Alessio: avete visto cosa riesce a fare il nostro Presidente Renzi?
Rodolfo: cosa ha fatto?
Alessio: a proposito di De Luca che, in applicazione della legge anticorruzione “Severino”, deve essere sospeso dalla carica di Presidente della Regione Campania, il nostro Renzi dichiara di  “voler chiedere un preventivo parere sulla procedura da seguire”.
Giacomo: rimango più che perplesso: dopo mesi e mesi di dibattito durante il quale era chiaramente emerso come De Luca sarebbe dovuto essere, se eletto, sicuramente sospeso, Renzi non poteva chiedere per tempo questo parere?
Ennio: Renzi come al solito o, se volete, ancora una volta pensa di essere l’unico furbo d’Italia e quindi poter impunemente prendere per i fondelli gli Italiani.
Renzo: è una legge, la “Severino”, già rodata perché applicata oltre che a Berlusconi, anche a parecchi Consiglieri Regionali,  eppure nonostante ciò adesso che c’è di mezzo De Luca sente il bisogno di acquisire un parere!
Giacomo: prof. Vezio… Lei che ne dice?
Vezio: ecco perché, amici miei,  non sono pochi coloro che cominciano a disertare i seggi elettorali!  Renzi sicuramente con la “vicenda DE LUCA” sta inviando un messaggio non coerente con le sue promesse iniziali di rinnovamento del modo di far politica.
Le leggi dovrebbero essere approvate per essere applicate erga omes e, in quanto generali ed astratte, non dovrebbero guardare in faccia a nessuno.  Invece in questa vicenda sembra che le leggi vengano approvate per inviarle all’interprete, magari all’interprete di turno che fa più comodo. Vedete….
Giacomo: che cosa?
Vezio:  Si spiegano così  certi risultati elettorali contradditori e  non proprio esaltanti per il Partito di Renzi. Non dimenticate che in Campania il Partito Democratico vince  con De Luca che dice peste e corna della legge Severino, cioè della legge sulla legalità e anticorruzione;   per non parlare dei suoi rapporti al calor bianco con la Rosy Bindi-Presidente della Commissione antimafia e perde a Venezia dove aveva candidato a Sindaco della Città lagunare il Pubblico Ministero Felice Casson.
Nella gestione della vicenda De Luca è di fatto mancata quella coerenza politica che l’opinione pubblica si aspettava dalla novità rappresentata da Renzi e molti elettori l’hanno ricordato in cabina elettorale.
(dai dibattiti svolti al Circolo della Concordia)

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sabato 20 giugno 2015

Agli Amici del Circolo della Concordia
Oggetto: SCOMUNICA PER CHI ADERISCE AL PARTITO COMUNISTA?
Assumiamo ad oggetto del presente scritto l’indagine tesa a verificare se, a carico di coloro che si professano convintamente comunisti, operi ancora - ai sensi del vigente Codice di diritto canonico - l’istituto della “scomunica”.

La verifica sarà condotta prendendo in esame:
-il Decreto del Sant’Uffizio dell’1 luglio 1949;
- l’istituto  della scomunica;
-il principio del “nullum crimen sine lege” in generale;
-il principio del  “nullum crimen sine lege” nel nuovo Codice di diritto canonico;
-l’opinione di due autorevoli teologi sul tema che qui ci accingiamo ad esaminare.

IL DECRETO DEL SANT’UFFIZIO  DELL’1 luglio 1949

Il I° luglio 1949, quindi in pieno dopoguerra, quando ancora non erano state ancora del tutto  rimarginate le ferite della guerra civile, che aveva insanguinato parte della penisola e lasciato sul campo decine di migliaia di vittime il più delle volte innocenti (vedi i volumi di ricerca storica sul tema, scritti  dal giornalista di Casale Monferrato (AL) G. Pansa e dal Prof. S. Luzzato, docente all’Università di Torino), la Congregazione del Sant’ Uffizio  - ora denominata Congregazione per la Dottrina della Fede – veniva chiamata ad affrontare  il tema della compatibilità tra il professare la fede cristiana e l’adoperarsi attivamente nella diffusione dell’ideologia comunista.
Il Sant’Uffizio, dopo aver dichiarato esplicitamente l’assoluta inconciliabilità tra l’essere cristiani e il propagandare l’adesione al partito  comunista, la cui dottrina  allora per statuto propugnava espressamente l’ateismo, proseguiva affermando che coloro che militavano nel Partito Comunista Italiano condividendone l’ateismo incompatibile con la fede cristiana incorrevano “ipso facto” nello scomunica.   
Togliatti, da pragmatico qual era, qualche anno dopo propose ed ottenne la modifica dello statuto del partito comunista eliminando la disposizione che imponeva che per essere comunisti bisognava essere anche atei. Un’osservazione ci sia consentita: con l’operazione togliattiana l’ateismo più che venire espunto dall’ideologia comunista, veniva ad essere definito un’opzione facoltativa ai fini dell’iscrizione al Partito Comunista Italiano.


SCOMUNICA:

Che cos’è la scomunica?

Il vigente Codice di diritto canonico non ci fornisce alcuna definizione della scomunica. Spetta, di conseguenza alla dottrina e alla giurisprudenza fornirci una formula definitoria. Ce la fornisce, tra gli altri, il Dalla Torre il quale definisce la scomunica “una sanzione penale appartenente alla categoria delle censure o pene medicinali che in quanto tale ha una finalità eminentemente emendativa o correzionale…”(1)
Relativamente agli effetti della scomunica in capo alla persona cui la scomunica è stata inflitta, sempre il Dalla Torre ci dice che la scomunica  “..comporta l’interdizione dell’esercizio dei diritti e dei doveri espressamente previsti dal codex, inerenti alla condizione giuridica del battezzato. In particolare essa comporta la privazione dei beni spirituali della Chiesa  costituenti oggetto della comunione ecclesiastica” (2).
Da osservare come nel nuovo Codice del 1983 la scomunica perda il carattere di “sanzione ordinaria” per acquisire, invece,  il carattere  di una “sanzione penale eccezionale”.
Il tutto trova una sua logica spiegazione se teniamo conto che:
-il Sinodo dei Vescovi tenutosi in data  7/10/1967 approvava dieci “principi guida” per la revisione del Codice;
-i componenti della Commissione facendo propri, da parte loro, questi criteri fanno della scomunica
 una sanzione estrema cui fare ricorso solo in pochi ed estremi casi.
 Tra questi “principi guida”  sono da segnalare ai fini del nostro discorso:
- il 3°:  “equità nell’applicazione e nella legislazione, per far emergere il carattere pastorale del diritto della Chiesa;
-il 9°: “mantenere il diritto penale, ma con generale riduzione delle sanzioni canoniche”
Sotto questo profilo, indicativo risulta essere il canone 1318 il quale dispone che il “legislatore  non costituisca censure, soprattutto la scomunica, se non con la massima moderazione e soltanto contro i delitti più gravi”.


NULLUM CRIMEN SINE LEGE.

Con questa formula viene indicato il principio per quale un soggetto non può essere chiamato a rispondere penalmente di un fatto dallo stesso commesso, se questo non è previsto come “fatto illecito” penalmente rilevante direttamente ed espressamente dalla legge. Ecco perché tale principio è definito di “stretta legalità”: non può esserci reato se non è espressamente previsto dalla legge.
E’ vietato, in forza di questo principio ogni intervento arbitrario del giudice penale che è soggetto, anche lui, alla legge.
Nell’ordinamento italiano tale principio è addirittura costituzionalizzato: leggiamo, infatti, al 2° comma dell’art. 25 della vigente Costituzione che “nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso”.
Il comma 3° dello stesso articolo dispone inoltre che “nessuno può essere sottoposto a misure di sicurezza se non nei casi previsti dalla legge”.
Tale divieto lo troviamo  anche nell’articolo 14 del Codice Civile (Preleggi) il quale così dispone in proposito: “le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati”  
Il  principio di “stretta legalità” viene a costituire una garanzia per i cittadini ai quali viene assicurato, addirittura dalla stessa Costituzione, che non potranno giammai essere puniti se non nei casi preventivamente ed espressamente previsti dalla legge: ecco perché questo principio è stato costituzionalizzato in tutti gli ordinamenti di ispirazione democratica dell’ultima generazione approvati dopo il secondo conflitto mondiale. Ovviamente tale principio è stato introdotto anche nei codici di diritto penale e nel nostro Codice addirittura nei primi due articoli.

NULLUM CRIMEN SINE LEGE NEL NUOVO CODICE DI DIRITTO CANONICO.

Premesso tutto ciò, abbiamo da affrontare un ulteriore passaggio, consistente nell’esame del vigente Codice di Diritto canonico, per verificare quale contributo possa fornirci nella formulazione della nostra risposta alla domanda iniziale.
Possiamo definire il suddetto Codice come l’insieme delle disposizioni attraverso le quali la Chiesa cattolica
regola l’attività dei fedeli e delle strutture ecclesiastiche (si pensi, ad es., all’attività Curia Romana, delle Diocesi e delle Parrocchie dislocate sul territorio).
Il vigente Codice, promulgato dal Pontefice Giovanni Paolo II° il 25 gennaio 1983, è entrato in vigore il 27 novembre 1983.
E’ un Codice alla redazione del quale aveva pensato il Pontefice Giovanni XXIII° allorquando il 25 gennaio 1959, nell’annunciare di aver maturato l’intenzione di convocare un Concilio ecumenico, manifestò anche la necessità che si procedesse alla revisione del Codice allora in vigore che risaliva al 1917.
La Commissione pontificia, che avrebbe provveduto alla relativa redazione, venne istituita solamente nel 1963 ma  iniziò a lavorare dopo la conclusione del Concilio; e ciò perché il nuovo Codice, si disse,   recepisse e venisse redatto tenendo anche conto delle decisioni conciliari. Non a caso l’allora Pontefice Giovanni Paolo II° qualche mese dopo la sua promulgazione raccomandava di leggere il Nuovo codice congiuntamente ai documenti conciliari.
Ebbene, relativamente alla scomunica ai comunisti citata nei punti precedenti, dobbiamo  osservare che né tra gli atti ufficiali del Concilio Vaticano II°, né nel nuovo Codice  troviamo un’esplicita condanna del Comunismo, né tanto meno qualche richiamo alla scomunica nei termini di cui al Decreto del Sant’Uffizio del 1949. Come mai? La risposta è nei seguenti termini:
Durante lo svolgimento dei lavori conciliari, sul tema si confrontarono due scuole di pensiero: la prima chiedeva di rinnovare la condanna del comunismo, la seconda, invece, ispirata e confortata dallo stesso Pontefice Giovanni XXIII° ( il Papa buono), era orientata verso una linea di dialogo e apertura alla nuova realtà comunista incarnata da Nikita Kruscev, il comunista dal volto umano. Fu così che una petizione di condanna al comunismo, presentata il 9/10/ 1965 da 454 Padri conciliari di  86 diversi Paesi, non venne neppure trasmessa alle Commissioni che stavano elaborando un schema di documento da presentare all’Assise conciliare.
E fu così che nei documenti approvati dall’Assemblea conciliare venne di fatto a mancare una qualsiasi forma esplicita di condanna  verso il comunismo.
A sua volta neanche la Commissione pontificia, incaricata della redazione del nuovo Codice, visto il silenzio tenuto dal Concilio sul tema in questione,  affronta  il tema.
Quali  le possibili conseguenze che possiamo trarre da questo duplice silenzio?
-Possiamo sostenere che poiché il Nuovo Codice di Diritto canonico del 1983 regola interamente la materia della scomunica, è da applicarsi il principio secondo cui “quando la nuova legge detta nuove regole (rectius: detta una nuova disciplina)  su una materia già regolata in precedenza, ciò comporta l’abrogazione  della precedente norma giuridica non inclusa nella nuova regolazione”.
-Non possiamo, ancora, non ricordare il sempre attuale brocardo medioevale secondo cui “ ubi lex voluit
dixit, ubi noluit tacuit”. Trattasi di un principio che ancor oggi appartiene al patrimonio comune del diritto. Esso impedisce che si faccia dire alla legge ciò che la legge non ha mai detto, che cioè le si fornisca un’interpretazione analogica. Tipo di interpretazione, questo,  che il nostro ordinamento esclude in materia penale perché incompatibile con l’esigenza della certezza del comando penale. Tale esclusione trova riscontro oltre che nel già citato articolo 25 della Costituzione, anche nell’articolo 14 del Codice Civile (Preleggi). 

CONCLUSIONI

Nel nostro caso con l’entrata in vigore del Nuovo Codice cessa di essere in vigore, viene cioè cancellato dall’Ordinamento della Chiesa Romana il Decreto della Congregazione del Sant’Uffizio pubblicato l’1/7/1949.
La tesi secondo cui il Decreto  del 1949 non sia più operativo (rectius: in vigore)  poggia, altresì,  su queste ulteriori due considerazioni:
- il libro I° del nuovo Codice, denominato “Norme Generali” , dispone al paragrafo I° del Canone 6 quanto segue: “ entrando in vigore questo Codice sono abrogati:
1° il Codice di Diritto Canonico promulgato nell’anno 1917;
2° anche le altre leggi, sia universali sia particolari, contrarie alle disposizioni di questo Codice, a meno che non sia disposto espressamente altro circa quelle particolari;
 3° qualsiasi legge penale, sia universale sia particolare emanata dalla Sede Apostolica, a meno che non sia ripresa in questo stesso Codice;
4° così pure tutte le altre leggi disciplinari universali riguardanti materia, che viene ordinata integralmente da questo Codice.
Trattasi di norma che recepisce il principio “nullum crimen sine lege”.

Il canone 18 dispone, da parte sua, che” le leggi che stabiliscono una pena, o che restringono il libero esercizio dei diritti, o che contengono un’eccezione alla legge, sono sottoposte a interpretazione stretta”.
Una disposizione, questa, che riproponendo un chiaro richiamo all’articolo 14 del nostro Codice Civile (Preleggi) pone un chiaro ed esplicito  divieto al ricorso dell’interpretazione analogica, nei casi in esso elencati.
b) il canone 1313 dispone a sua volta:
§1. “se dopo che il delitto è stato commesso la legge subisce mutamenti, all’imputato si deve applicare la legge più favorevole.
§2.  “che se una legge posteriore elimina la legge, o almeno la pena, questa cessa immediatamente”.

Stante il tenore letterale delle disposizioni sopra riportate  il nuovo Codice azzera tutto il diritto penale che lo precede; costituisce una sorta di “punto zero” del diritto penale canonico. Constatato, altresì, che né i canoni del Codice vigente, né altri  successivi interventi da parte del Magistero della Chiesa Romana hanno reiterato la scomunica in questione, essa risulta, a parere di chi scrive,  abrogata.
Il presente parere è stato formulato, sulla scorta del Nuovo Codice di Diritto Canonico, tenendo conto esclusivamente dell’aspetto giuridico del problema ed escludendo nel contempo qualsiasi esame concernete l’aspetto teologico dello stesso.

Riteniamo, infine, sottoporre alla riflessione dei lettori il pensiero di due autorevoli ecclesiastici
sul tema sin qui esaminato.
-Il primo ci fa comprendere il clima che si respirava  in seno al Concilio Vaticano II° e che avrebbe poi ispirato la Commissione pontificia incaricata della redazione del nuovo Codice di Diritto canonico;
-il secondo, da parte sua, fotografa gli effetti provocati  dall’abbattimento del muro di Berlino anche sulla politica italiana, sui partiti e sui loro protagonisti.
 
a)- Il cardinale Ottaviani in un’intervista al settimanale Gente (13/4/1966) afferma che “…a proposito del Decreto del Sant’Uffizio c’è stata molta confusione. Bisogna infatti ricordare che la scomunica si applica a coloro che professano dottrine marxiste, non a coloro che aderiscono sic et simpliciter al partito Comunista. Chi vota per i comunisti o è iscritto al partito, ma non aderisce al materialismo dialettico non è scomunicato. In Italia molte persone non sanno niente di marxismo, vanno in chiesa, credono in Dio e votano per i comunisti. Essi non sono scomunicati. Però commettono un’azione illecita, cioè peccano.
Il confessore ha l’obbligo di avvertirli del loro errore e, se insistono, negare loro l’assoluzione, come per qualunque altro peccato di cui il fedele non si pente e che non si propone di non commettere”

b)- Il gesuita Padre Giuseppe Pirola scrive, da parte sua, che “la scomunica di Pio XII° non colpiva tutti i comunisti, ma chi militava nel P.C.I. condividendone l’ateismo incompatibile con la fede cristiana, motivo non unico ma vero della scomunica è tacitamente decaduta fin dai tempi di Giovanni XXIII°.
Oggi, dopo la svolta di Occhetto, a Bologna da P.C.I. a P.D., proseguita da D’Alema ecc., la sinistra non si proclama più comunista (leninista, stalinista, eredità pesante da reggere; il comunismo è caduto insieme
all’U.R.S.S.) e nemmeno è più marxiana fuori in tutto il mondo (“Contrordine compagni Marx è morto”). La sinistra italiana di Cossutta e Diliberto è pannelliana, e anziché compattamente atea, è anticlericale…Neanche il movimento della Sinistra europea  (Vinci, Agnoletto, Punto Rosso ecc.) non si proclama né marxiano, né marxista, né comunista, ma socialista….”

Note
1, 2) G. Dalla Torre, voce Scomunica, in Enciclopedia del Diritto, Giuffré , Milano vol. XLI, pagg. 759 e segg..
Versione provvisoria.
Agli amici iscritti al Circolo della Concordia
Prof. Vezio.

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sabato 13 giugno 2015

                                                 D E     L U C A N E I D E
                                                                          (Pensieri scelti -2)


Rosaria Bindi deve rispondere davanti al giudice di un atto che io giudico:
-infame sul piano politico;
-volgare sul piano umano;
-anticostituzionale sul piano istituzionale.
L’atto della Rosaria Bindi sarebbe considerato eversivo anche in un Paese dell’America latina”.

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venerdì 12 giugno 2015

                                                 D E    L U C A N E I D E
                                                             (Pensieri scelti)


“Io credo che  Saviano  …in qualche momento sembra che abbia bisogno di inventarsela, la camorra, anche dove non c’è, altrimenti rimane disoccupato”.

martedì 9 giugno 2015

                                        IL CONSIGLIO DEL GIORNO                               

                                       “MATTEO  LIMA  IL  MIRINO”

lunedì 8 giugno 2015

    E SE LA VITTORIA DI DE LUCA SI RIVELASSE UNA “VITTORIA DI PIRRO”?

Ludovico: amici…che ne dite degli sviluppi della “vicenda De Luca” ?
Rodolfo: ci sono novità?
Ludovico: si, eccome! Sto proprio leggendo le ultime dichiarazioni rilasciate dall’ex Sindaco di Salerno il quale, dopo l’incontro con Renzi a Palazzo Chigi, dichiara che – leggo testuale dal Corriere della Sera – “…avremo un vicepresidente che vi farà sognare, ma non sognerete molto, starò sempre io lì. Chi vince  governa”.
Giacomo: quanto poco rispetto noto nelle parole di De Luca verso la  “ Legge Severino”; una legge voluta dalle forze politiche per tenere lontano dalla gestione della cosa pubblica chi è stato già condannato come nel caso di De Luca.
Aristotele: se pensiamo che trattasi di parole proferite da un uomo delle istituzioni già condannato, non possiamo non trovarle scandalose e pericolose. Che significa quel “starò sempre io lì”?
Giacomo: ve lo dico io, amici miei, cosa significa: De Luca e Renzi stanno, da troppi giorni, sbeffeggiando il Parlamento che questa legge ha approvato. Prof. Vezio…sbaglio? Cosa ne pensa?
Vezio: il nostro Presidente Renzi che è anche Segretario del Partito Democratico, candidando De Luca in Campania, un candidato già condannato - e  questo è bene precisarlo -, ha minato gravemente la già debilitata credibilità delle Istituzioni e dello stesso Partito Democratico.
Renzi e De Luca hanno affrontato il tema con molta leggerezza pensando da subito di aggirare la legge Severino, interpretandola in modo da assicurare a De Luca la permanenza al governo della Regione Campania, anche a costo di  disattendere la sostanziale novità di questa  Legge secondo cui i condannati non possono amministrare la cosa pubblica.
Franco: c’è da rimanere esterrefatti dinnanzi a comportamenti così incomprensibili da parte di chi deve essere  esempio di legalità!
Vezio: l’amico Franco ha ragione: il Partito Democratico e i suoi alleati in quest’occasione hanno buttato alle ortiche ogni profilo di coerenza politica. E questo era il minimo che si potesse chiedere a chi ha responsabilità di governo. Una mancanza di coerenza che potrebbe fare della vittoria di De Luca una “vittoria di Pirro” che potrebbe destabilizzare l’opinione di chi finora s’è recato ancora a votare e che potrebbe, in presenza di simili comportamenti, non farlo più.
Rodolfo: prof. non le sembrano, le sue, dichiarazioni un po’ spinte e non in linea con il suo abituale modo di esporre il suo pensiero?
Vezio: no caro Rodolfo, ma risente di quell’impostazione di pensiero  secondo cui il diritto si risolve nella creazione di norme giuridiche, intese come prescrizioni esplicite con precisi e puntuali contenuti di comportamento, da parte di un’autorità capace di farle osservare con il ricorso, se necessario,  anche di una sanzione. Ora se è lo stesso Renzi, Presidente del Consiglio, a non rispettare le leggi vigenti c’è poco da stare allegri.
(dai dibattiti svolti al Circolo della Concordia)

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venerdì 5 giugno 2015

                                        EVOLUZIONE  DI  ROMA  CAPITALE


DALLA SPECULAZIONE EDILIZIA   ALLA SPECULAZIONE SULLA MISERIA UMANA